Fonte dell’articolo TusciaTimes
SAN MARTINO AL CIMINO ( Viterbo) – La terza edizione di ‘Acrobazie Letterarie’ (27 luglio-31 agosto 2024), si è chiusa ieri con grande successo alla Biblioteca dell’Abbazia cistercense di San Martino al Cimino. Tema dell’incontro, l’evoluzione dei dialetti ed il confronto con il nuovo linguaggio giovanile che ha coinvolto il numeroso pubblico nella votazione della parola più conosciuta, anzi più “figa” tra 10 proposte, creando così un divertente e giocoso pomeriggio, tra applausi risate e un brindisi di augurio finale proposto dall’organizzazione.
Le 10 parole: Accannare/abbandonare,lasciare in asso; Appozzare/prendere a piene mani; bronco/citrullo, sciocco, a Viterbo, gojo; Crepàre/ truffare, una fregatura; Infognato/adirato, pieno d’ira; Perculàre/Prendere in giro; Schéggia/essere bravo o essere molto veloce; Scràuso/scadente, di poco valore; Tàjo/smetterla, come invito perentorio a qualcuno;oppure persona, cosa, situazione molto divertente; Zàppa/ persona incapace, soprattutto a scuola.
Per alzata di mano il pubblico ha scelto la parola: perculàre/Prendere in giro. A pari merito, le altre due parole; accannare e schéggia.
L’evento conclusivo della rassegna letteraria è stato introdotto dalla vulcanica ideatrice di TusciaArtLab Giulia Marchetti, nonché presidente di Italian Human Connections Ets, che ha precisato: “Abbiamo avuto incontri con relatrici e relatori che hanno portato la loro testimonianza non solo di lettura, meravigliosa. Quello di oggi è un incontro originale, roccambolesco, che ha preso spunto dal “Vocabolario del romanesco contemporaneo” (Newton Comton Editori) un tomo di 470 pagine, scritto con Paolo D’Achille dal nostro ospite, lo scrittore, linguista e professore universitario, Claudio Giovanardi. La lingua cambia, cambia la società e cambiano le parole che usiamo per comunicare”.
Nel piccolo derby di parole in dialetto, tra Roma e Viterbo, condotto da Claudio Giovanardi è scesa in campo Benedetta Lomoni, direttore creativo dell’agenzia Factory 121, che ha tradotto in dialetto viterbese le parole proposte e ha posto l’accento sul vocabolario di ben 470 pagine. Quanto tempo ci è voluto per realizzarlo?
La risposta di Giovanardi è immediata: “Ci abbiamo messo 20 anni, non abbiamo lavorato 20 anni solo a questo, altre cose abbiamo fatto insieme al collega, da quando e nata l’idea. Sono lavori certosini, complessi. Lo abbiamo fatto in due e nella parte finale ci hanno dato una mano a trascriverlo, gli allievi. E’ un omaggio a noi che siamo cresciuti negli anni ’60. E’ un viaggio nei sentimenti. Un recupero della memoria. I dialetti sono un patrimonio di importanza fondamentale per l’Italia, nessun paese in Europa ha i numeri dei dialetti che ha l’Italia. Il dialetto è la lingua degli affetti. Tutte voci che ci portiamo dentro. E’ una fotografia di come funziona il dialetto a Roma così come si è venuto assestando nel corso del Novecento e nei primi decenni del Duemila. Immigrazione. Roma ha un miscuglio e intreccio delle lingue. Che cosa è romanesco non è sempre semplice”. Il suono delle campane della chiesa abbaziale che annunzia l’ora, indica il consueto firma copie con i saluti e un augurio per l’attesa e nuova rassegna di Acrobazie Letterarie 2025.